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Amarezza all'italiana

Caro Giorgio, ti chiamo per nome perche’ vorrei sentirti piu’ vicino di quanto non ti possa avere ora. Sono un cittadino italiano di 25 anni e da 7 mesi vivo in Svezia.
Sono lontano dalla mia vera casa, lontano dal mio Paese per "scelta" personale.
Caro Giorgio, non immagini il colpo al cuore di ieri. Sei un giudice imparizale, un garante della serieta’ e un eroe pubblico e senza maschera, alla difesa delle brabarie che certa Gentaglia vuole fare passare come necessaria e dovuta a colpe d’altri.
Credimi se ti dico che lo schifo si e’ trasformato in rabbia e piu’ volte la mia famiglia ("lacerata” dalla decisione di un figlio 24enne di lasciare il proprio paese) mi ha sentito dire che della vita in Italia non mi preoccupo piu’, perche’ non posso permettermi di vivere in queste condizioni. Sono un vigliacco, sono un ragazzo stufo di lottare, forse non ho mai lottato veramente, ma ho creduto. Ho creduto cosi’ tanto da non rendermi conto che le cose stessero andando cosi’. La classe poilitica italiana e’ stanca, vecchia. “Immanicata” e dolente. Racchiudiamo in questo calderone tutti i rappresentanti politici, ma lasciami dire che qui la differenza e’ netta. Ti stai rendendo conto che un manipolo di delinquenti sta giocando con te come il gatto che si ricorda del topo solo quando il padrone non lo coccola? Dove ‘e finita la tua autorita’, svilita da queste decisioni? Io ho vissuto credendo nell’importanza della legge, mi sono trasferito qui in Svezia e, nel mio piccolo, sono un ITALIANO MODELLO: la gente mi stima, non mi ha mai trattato come tante volte noi abbiamo trattai gli stranieri, mi chiede spiegzioni perche’ si informano e sanno cosa sta succedendo. E michiedono “perche’ succede questo?” Mi sono sentito a casa e TUTELATO. Seguo ogni giorno le notizie del mio paese, che ricadono sulla mia famiglia e sulla mia possibilita’ di vivere qui in tranquillita’. E lasciami dire che siamo giunti ad un nuovo livello, e non certo in postivo: l’annullamento della legge morale che vede le scadenze come il naturale scorrere della vita. Un giorno ho dimenticato di pagare una multa e ho pagato la mora, perche’ questa e’ la punizione. Ho dovuto ripetere due volte un esame all’universita’ e sono stato costretto a pagare le tasse per l’intero anno, perche’ queste sono le REGOLE se non ti laurei entro l’ultima sessione.
I politici sono andati a pranzo, SAPENDO che avrebbero potutto fare i loro comodi, perche’ questo e’ quello che sta succedendo o che e’ sempre successo.
E questo decreto e’ la prova che queste persone non hanno scrupoli o interessi pubblici. La legge non e’ mai stata uguale per tutti nel nostro paese, ma siamo giunti a vivere in una condizione in cui per alcuni NON CI SONO LEGGI.
Sono amareggiato e deluso e te lo dico con un cuore che non si riconosce in nessun partito. Parlare di sinistra, centro e destra e’ la cosa piu’ stupida del mondo, almeno qui (LI’) in Italia. Lotta per noi, ribellati, essere obiettivi significa anche questo. Non cercare sempre giustificazioni, ma dire BASTA quando si deve. Tu hai scritto la nostra storia e sai quanto hai lottato. Non abbandonarci ora.
Con stima infinita, uno dei “tuoi” nipoti fuggiti per paura.

Matteo Bocci

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Update

Come potete vedere, questo blog è in stasi.
Questo non significa che la mia vita sia ferma o che le stia lasciando svanire.
E' solo che, non so, non lo sento più un posto così speciale.
Spero che la voglia di tornare qui sia uguale a quella che vi spinge sempre qui su questa mia riva.
Con affetto, il vostro isolano.

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2010

2009 has been my best year ever.
I’m going to be very quick. I go further on, taking everything and leaving nothing.

Ale, Alexia, Ana, Andrea, Ann-Katrin, Annie, Asia, Bahare, Bas, Benny, Carlotta, Ceci, Chao, Chiara, Cri, Dany, Elena, Elenina, Ernada, Fangyan, Fardosa, Federico, Fleur, Fra, FraT, Francesco, Frinzy, Genny, Giulia, Giuly, Hanna, Hannah, Johanna, Katerina, Katerina, Laura, Lauretta, Lei, Linda, Lorenz, Marco, Max, Mei, Meiqiongzi, Michela, Miki, Mirko, Moritz, Moshi, Qu, Rita, Saba, Sarah, Sarina, Sheng, Silva, Silvia, Silvy, Sing-Hoi, Sóley, Teri, Valery, Vero, Vikram, Yang, Yixin.

If the world was ours, there would be no more war, no one would be rich but we would all be happy. There would be no nuclear bombs, star shields, cold wars, feuds, mafia, there wouldn’t be public or private interests anymore. No one would die without help, who would play a dirty game would have to deal with Justice and Ethics.
But we have to stay real. Overall this new year will be like 2009, if not worse, given the events of recent days. We cannot and we must not pretend nothing is happening. I will fight with you and I never feel defeated.
Best 2010 to all of you and to the rest of the world,

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Merry xmas

Potrei scrivere ore ma non avrebbe senso.
Sono a casa, sono in stasi, come quasi sempre succede quando la mente è altrove.
Odio le feste ma amo lo stesso il Natale.
E Santa Claus, che quest'anno mi ha portato il sole!

Ovunque siete, trovate una ragione per sorridere!

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sentimenti confusi

Questo labirinto per topi è in realtà la biblioteca dell’università. Fisso scultoreo oltre la finestra. Oggi è una giornata da cartolina. Fuori c’è così tanta luce da bruciare gli occhi. Sarà perché la neve –ancora poca- è stata sopraffatta dal gelo e si è fatta ghiaccio, splendente, riflettente, teso come una lama specchiata.
Alle due abbondanti il cielo ha iniziato a cambiare colore, l’azzurro ha lasciato il posto a sfumature sempre più tenui ed ora sembra carico di calore, con il rosso, l’arancione, il giallo e il rosa. Qui al Nord, se hai dieci minuti liberi, ti piazzi dietro la finestra, tra le mani un fumante caffè (rigorosamente non zuccherato, lungo e con una spolveratina di cannella) e guardi. Guardi il mondo farsi notte. E’ un’emozione quasi stupefacente, intima. E’ come se un pittore decidesse all’istante che è tutto troppo, ma veramente troppo, luminoso. Qualche nuvola arriva a turbare il cielo e velocemente tutto punta al centro della terra, in una ipotetica lotta in cui il sole si lascia sfinire dalla gravità. Oggi ho visto il cielo diventare viola (maledizione Matteo, che diavolo hai comprato a fare una digitale compatta se poi non la porti sempre con te?). Poi d’improvviso, come se ci fosse una vendetta postuma della luce, c’è stato un istante in cui il tetto della terra si è fatto lilla.
Ed è piombata la notte.
Con la notte qui arriva il vento. Non so perché. E anche la gente, le ragazze, dietro alle finestre, nonostante i loro stivali, nonostante il caffè, nonostante tutti i nonostante, iniziano a giocare con una mano e la portano al collo, come se fossero là fuori e si dovessero riparare.
Sono tornato alla mia scrivania in questa grande stanza e continuo a fissare questa ragazza. E’ bionda –nemmeno a dirlo- ed è il prototipo della classica studentessa di medicina qui al campus. Veste alla moda con quel soffice maglione verde da uomo tre taglie più grande che la rende così “intima” e casalinga e allo stesso tempo irraggiungibile. Gioca con i suoi fili d’oro come una bambina. Fissa un tomo di dimensioni allucinanti di fisiologia, ha le gambe avvolte in un paio di leggings. Gli occhi fissano quelle parole ma la mente è palesemente altrove. A chi starà pensando? O a cosa?
A chi starò pensando? E a cosa? Mi distraggo e fisso il vuoto con una sola certezza: 14 giorni. E poi non so davvero cosa aspettarmi…

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blueberry chocolate

Vivo nello stupore. Fantasia, dove tutto è permesso. Non voglio più svegliarmi.

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l'apparenza inganna

Mi sarei immaginato di vederti vecchia, su una sedia a rotelle, visibilmente malata.
E invece sei giovane, bella, ogni tanto menti ancora a te stessa, o forse agli altri, per non vederli scappare.
La malattia è anche questo. La malattia incurabile che ti rallenta, ti distorce e infine ti uccide. E questo fa paura, perché viviamo in un mondo in cui parliamo sempre come se si fosse immortali. La malattia non è contemplata.
Si progetta il futuro.
Incontrare questa donna mi ha terrorizzato. Ha le stesse sembianze della ragazza che ho appena incontrato nella metro, eppure sta morendo. Guarda attenta negli occhi, come se potesse vederti l’anima. Ti vìola la mente cercando il coraggio che non hai per chiedere che cosa significa tutto questo.
Parla dei suoi sintomi, di cosa significa vedersi cambiare, passare giorni in cui non riesci a parlare o a muovere un muscolo mentre il tuo cervello funziona così bene da provare il doppio dolore della compassione altrui. Parla della diagnosi, 20 anni fa, dei sogni di una ragazza andati pian piano dissolvendosi.
Non hai più autonomia, gli arti tremano e non puoi fare nulla per controllarlo. Sorridi ma vedi che tutto intorno a te non ha più quel significato di eterno, stabile e durevole. Ti abbandoni ai pensieri e poi lotti. Ancora, ancora, ancora.
E poi una nuova ricaduta, un nuovo alto e un nuovo basso, fino a quando tutto perderà senso.
E allora saremo di nuovo lì, con quel camice bianco che di puro rappresenta il nostro porci fedeli alla ConoSc(i)enza...

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l'occhio del futuro

Aldilà e aldiqua.
Ho paura del confronto, di dovermi schierare, prendere posizione rispetto ad una ipotetica linea di demarcazione. Voglio davvero sapere cosa sarà il mio futuro? Sarebbe molto più facile pensare al proprio avvenire come al quotidiano che diventa infinito. Si potrebbe pensare al proprio futuro guardando le facce dei propri genitori e dedurre che –bene o male- la fine, almeno estetica, sarà quella.
Si potrebbe invece continuare a sognare, di posti sconosciuti, di uomini e donne che conosceremo, che diventeranno parte della nostra vita, promettendo procreazione ed ereditarietà di caratteri, vizi e virtù.
Si potrebbe continuare a pensare che forse un futuro non ci sarà o che qualcuno lo abbia già scritto per noi.
Tutti questi pensieri fanno parte dell’essere umano. E’ l’eterna domanda sul destino che ci rende così instabili. Eternità.
All’orizzonte di questa città sull’acqua, vedo solo colori. Come in una trasfigurazione, i suoni si sono fatti sfumature e riempiono la vita.
Il battito del cuore cerca di rimanere stabile alle vicissitudini che si presentano –nel migliore dei casi senza costi aggiunti- continuando a far scadere secondi, minuti, ore, tramonti e nuove albe.
Gli occhi sono sempre lì, su quelle foglie che si muovono nel fango e volano tra la ghiaia che non fa più rumore. I miei sensi si sono assuefatti a dinamiche personali e sociali che non sanno apprezzare e tantomeno accettare: sono fermamente convinto di volerle ripudiare e sconsacrare, eppure, sono ancora qui. A ricordarmi che sono ad un passo dal crollo quando mi spingo troppo in là, a bombardarmi di efferatezza nell’intimità dei ricordi.
Sento solo quel battito, che non è più è il mio. E’ una costante che non conosco.
Ho creduto fossero le cuffie che mi isolano da questo angolo di mondo che così diventa uguale a tutto il resto.
Se non puoi cambiare te stesso, d’altronde, tendi ad omogeneizzare il contesto. Cambi musica, cambi parole ma lo stato d’animo non sembra percepirlo. Vorresti solo essere altrove, nuove persone e nuovi continenti da poter disegnare.
Il mio mondo inizia ad allungarsi: non mi sento più appartenere ad un luogo e anche le persone iniziano a perdere la loro entità. Sia ben chiaro, da solo sono perso. Ma mi sento altrettanto braccato dalla presenza di troppe persone.
Chi mi vorrebbe qui e chi ancora altrove.
Inizio a capire che la grandezza è vivere sapendo dove appoggiarsi e non sapere dove appoggiarsi per vivere. Sembra una cosa sciocca ma non lo è: le persone sono i sentimenti che esternano, le parole che dedicano, i ricordi che custodiscono. Allo stesso modo, ogni persona fa parte di queste cose, che solo mentalmente hanno un proprietario. Io vivo lì, come molti di voi, agli incroci di quella materia grigia che non pesa mai troppo. Ogni volta che penso, è una comunione di radici, intenti, progetti futuri e verità che ci rendono una cosa sola, ovunque e comunque.
Smettete di chiedermi del futuro.
Ho un sogno da realizzare ma non so ancora dove. E non lo voglio sapere.

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City hall ceremony



These are moments I will never forget.

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it's family

Non vi ho mai scritto personalmente. Ho aspettato tanto e sinceramente mi chiedo perché.
Dietro quello schermo ora ci sarà qualcuno a leggere queste righe che spesso mi fanno male, perché mi sembrano brutali, inopportune, sbagliate.
E’ il dolore che mi fa pensare che il silenzio sia la risposta. Sento piangere gli occhi ma non ho più la forza di ammettere certe cose.
Quando quella spia verde accende la luce in questa stanza buia, rivedo quella camera che per me è simbolo di famiglia. Perché voi siete lì.
Vedo tutti quei libri e il letto di Ele, l’armadio che era sempre troppo piccolo e che ora rimpiango. Vedo la micia distesa sul mio letto e quella scritta dietro alla testata dai tempi delle superiori.
Vedo la mamma che dice a papà che sono connesso. E osservo una realtà che non sembra stravolta quanto la mia. Siete in tre e siete lì per farvi forza, mal comune mezzo gaudio si potrebbe dire.
Ci sono giorni in cui mi sembra di non essere parte di nulla, spettatore di una realtà che sembra andare avanti anche senza di me. E fa male, perché vedervi uniti mi fa sentire in colpa di non essere con voi, di perdere quella quotidianità che crea la famiglia.
Ho capito che il valore della famiglia è qualcosa che non si può insegnare ma che si può solo provare e imparare a conoscere.
E se mi mancate è forse perché siete la cosa più bella che ci sia.

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Indeed, it is splendid!

E’ stata una grande emozione, ero convinto di non farcela –come al mio solito- ero convinto che la mia ansia avrebbe rovinato tutto. Invece è stato un successo.

Preambolo. Il corso di reotrica –siamo onesti- è una gran figata. Il professore, Peter per noi studenti, è tutto quello che non ti aspetteresti. E’ sempre con il papillon, occhi nascosti dietro a due lenti circolari piccole piccole, un sorriso quasi malandrino e –ovviamente- un vocabolario e un uso della lingua, dei gesti e del contesto, da far rabbrividire anche le emozioni stesse.Per chi ha visto Bolt, il cartone, si potrebbe dire “è pazzeschissimo”. Si discute di logos, pathos, ethos, si sente nell’aria che ognuno può offrire qualcosa di buono se il contesto è quello giusto. E diamine, questo è un contesto degno degli dei!

Oggi ho avuto l’onore di presentare il mio progetto di tesi, ovviamente tradotto in inglese, davanti ai miei colleghi e sotto l’imperturbabile giudizio del sopracitato prof. Sono emersi, nel corso delle varie presentazioni, i differenti background culturali e sociali di noi studenti, ma è stato tutto coinvolgente ed emozionante. Mi sono sentito dire che ho una bella voce, chiara, non tentennante, che ho eccitazione ed entusiasmo, che ho una bella mimica facciale e la mia arte nel gesticolare è ottima (ho osato aggiungere, tipicamente italiana). Il progetto è stato definito molto interessante e si è percepito che ero dentro l’argomento.
Sono corso indietro a quel 16 ottobre, un giorno in meno e un mese in più rispetto ad oggi, quando tutto questo ha avuto inizio. Quando le paure di un ragazzo si sono trasformate in un attimo di gloria che ti fa vedere la bellezza del mondo trasformando –nemmeno fosse il re Mida- tutto il male nel bene assoluto. Ho riletto i miei ringraziamenti e ho scoperto che siete ancora tutti qui, anzi ho ritrovato alcune persone di cui per troppo tempo ho parlato al passato. Ho rivisto le fotografie, le stampe fatte da Alexia, il mio orologio, la penna, ho ripensato a quella corona di allora gigantesca, ho sentito i vostri profumi negli abbracci che distintamente riesco a ricordare. Rivedo tutto come se non avessi vissuto nulla, come se fosse ancora la prima volta. In Italia sembra essere arrivato l’autunno, almeno mamma dice così. Beh, qui il cielo è azzurro e il sole splende alto nel cielo, giocando con i riflessi dei vetri. Nella mia mente ho pensato che tutti insieme vi siate trasferiti qui per farmi godere gli ultimi giorni d’estate, scaldando con i vostri raggi la mia quotidianità.

Vi voglio bene.

PS: nella foto, il gruppo dei Master Students in Biomedicine alle prese con le fredde acque svedesi. Ovviamente, io mi sono buttato. Ho perso qualche anno di vita, ma ne è valsa la pena!

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Revolutionary road

Mi dispiace non poterti amare.
Ci sono volte in cui i sogni non sono quello che vogliamo.
La strada che si perde tra gli alberi rigogliosi è bianca, tanto chiara da risultare fastidiosa. E’ nata da quelle pietruzze così sottili che sembrano sabbia, silenziosa, permeabile. Come l’acqua del torrente che prende tutti i mali e li trascina con sé. Questo viottolo è la nostra “via della rivoluzione”, rivoluzione da un vuoto disperato.
Non c’è un sobborgo residenziale, non ci sono belle case o amici da invitare, non ci sono compleanni per bambini, giardini da coltivare.
Non ci sono più sogni per le persone infelici che si rendono conto di essere tali.
Non si può più fingere, non ci si può più aggrappare alle eventualità, al futuro che non c’è, alla felicità delle piccole cose.
Non c’è più spazio per chi crede di essere felice e non sa di non esserlo.
Mi dispiace non poter partire.
Mi dispiace non poter restare.
Non ho sogni per ora. Credimi se dico così. Non ho sogni da realizzare perché il mio corpo non lo può sopportare. Sono un pazzo in un mondo normali e il nomale nel mondo dei pazzi.
Ho una goccia di contentezza in un mare di possibilità.
E non voglio arrivare ad essiccarmi, voglio continuare ad essere bagnato di questi progetti, di questi pensieri, che nascono nel giorno e nella notte, che si rincorrono, si fanno belli e possibili, dimenticabili e surclassabili da qualcosa di ancora più bello, almeno ai miei occhi.
Lasciami qui come mi hai già lasciato là, per ritrovarmi ancora, diverso ma uguale. In un nuovo contesto a rincorrere un bisogno: quello di un giardino sull’infinito, dove non c’è giudizio e nemmeno verità.
Ma solo emozioni.

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nuove sensazioni

Benvenuti a Stoccolma. Tutti continuano a ripetere questa frase. Guardo i sorrisi soddisfatti dei turisti e capisco di non essere più uno di loro.
“Beh, e tu dove starai? Io ho trovato un albergo che sembra proprio carino”
“In realtà oggi io mi trasferisco qui per un paio di anni, seguo un corso internazionale”
Il gelo, nemmeno fossimo sotto la tempesta di neve in pieno dicembre.
Vedi che dentro di loro battono due cuori: il primo è quello che d’istinto ti direbbe “ecco un altro costretto ad andarsene, che rabbia ma anche quante soddisfazioni” e il secondo invece è quello vero e proprio, che fa scudo al male e conserva le antiche emozioni.
Stoccolma mi ha accolto nella forma che ricordavo, pulita, schietta, puntuale, tranquilla, multietnica. Ripensando alla vita fino ad ora, neri, gialli, mulatti sono sempre stati l’eccezione nella mia vita. Qui, nel quartiere in cui vivo, la popolazione di maggioranza è mediorientale e sono io che rappresento la diversità. Noto gli sguardi sul metrò, percepisco lo stesso distacco di alcuni e la curiosità di altri. Cerchi di mischiarti ma non ci riesci, la lingua ti frega e le abitudini pure. Il mercato in piazza è lì tutte le mattine, con il suo carico di merci esposte, la fila in banca: sembra tutto normale, quotidiano.
Ma questo mondo non è ancora il mio: sono in quella fase di riluttanza, in cui il mal parlare del proprio paese si trasforma in un boomerang di mancanze e di rimpianti. Mi sento “a tempo determinato” (Benedetta quanto ti capisco), mi ripeto “2 anni” e calcolo veloce a mente quanto manca, fino al giorno in cui le cose si invertiranno e mi sentirò a casa. Fino ad allora di giorni e di notti ne passeranno e all’imbrunire penserò sempre al mio mare e a voi, amici miei, e non riuscirò di nuovo a trattenere le lacrime perché mi sentirò sconfitto.
Sconfitto per avere creduto di avere fatto la differenza, di essere stato migliore, di aver pensato per un attimo che il lavoro definisca l’uomo. Sono tutte frasi senza senso, dettate dalle emozioni che scorrono incontrollabili.
Al mattino non ci sono più famiglie, solo silenzi e una casa che forse casa non è: un dormitorio dotato di tutti i confort, dove il senso di famiglia è appeso a qualche gancio lasciato arrugginire. Non c’è più quotidianità, non c’è la magia di trovarsi a tavola e parlare con qualcuno, tendi l’orecchio alla televisione e capisci che parlano di cose che non puoi capire.
E’ questo lo sconforto dei primi giorni.
Ma sorrido, perché sta passando.

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DdN

Lo avevo promesso che qualcosa sarebbe cambiato. Da oggi questa spiaggia si sposta al nord e -per cercare di ambientarmi al meglio- prenderà il nome di "Diario del Nord".
Cercherò di raccontarvi come cambierà la mia vita e la mia mente, già provata da troppi input.
Spero di trovarvi sempre qui, il vostro fidato Matteo

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sand at night

Abbasso il finestrino, sento l’aria fresca -quella appena prima dell’alba- e socchiudendo gli occhi non penso ad altro.
Nella notte di luci e stelle, la spiaggia è la mia unica salvezza.
E’ estate, l’estate che conosce la mia pelle abbronzata, l’estate da passare in compagnia, facendo quelle sciocchezze lungo i viali assiepati di persone che si mischiano senza conoscersi.
In questi giorni mi sembra di vivere “le ultime cose”: l’ultima volta in discoteca prima della partenza, l’ultima alba vista in fila sulla statale sempre viva, l’ultima colazione–abbuffata dopo una notte di spensieratezza.
Sono tanti i particolari che rendono indimenticabili certe esperienze: con l’estate mi vedo bello per esempio.
L’abbronzatura fa scomparire le mie occhiaie, con i jeans, la camicia e i mocassini pronti ad essere presi in mano per sentire con i piedi il contatto con la sabbia che, nella notte, è la spiaggia dei desideri e il ristoro dei pensieri.
Mi lascio trascinare senza curarmi delle correnti, dei porti, di arrivo e partenza.

Non importa essere ma esserci.

[Ravenna-Bologna-Milano-Malpensa-Arlanda-Stoccolma]

Ripenserò a questi giorni, alle cicale, al sole che brucia dietro le fessure di una tapparella, alla sensazione e ai brividi del lenzuolo alle prime luci del giorno.
Penserò che –avendolo fatto- potrò sempre rifarlo.
Potrò sempre rifarlo?
E i giorni passeranno, innamorandomi nel e del freddo.
E i giorni passeranno, scaldando il cuore e l’anima di un dannato come me, che sa di avere tutto ma che non riesce mai ad apprezzarlo fino in fondo.
Mi aiuterete voi?

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living room

C’è una strada in mezzo al nulla tra il metallo parallelo e infinito di una ferrovia che spaventa e rumoreggia tra le cicale d’estate. Nessuna sa dove nasce ma qualcuno mormora che finisca “nel paese che sta morendo”.
Alcune case rimangono immutate con il passare del tempo in quella valle bagnata dalla nebbia, che si alza al mattino per soffocare con il sole e si adagia di nuovo a sera per rendere ogni vita indistinguibile.
“Back to the american sixties” si potrebbe dire varcando quella porta.
C’è una vecchia donna che dimentica ed è dimenticata, parla di cose che forse non conosce, di una dottrina che l’ha resa prima illuminata e poi schiava.
Un uomo instabile, “tremolante” come la candela che lo ingiallisce, chino su volumi e volumetti sullo Spirito, siede di spalle in quella stanzetta, il tempio della fede e della (non) ragione.
I colori opachi, in una sorta di biancoenero in movimento, sono nettamente separati ma indistintamente fluidi, come immiscibili fra loro. Ogni cosa è al suo posto, lucida, pura, al riparo da ogni turbamento.
Come la vita di queste due persone, una il rampicante dell’altro.
Le loro radici non sono note ma puntano in alto, troppo per poter comprendere la gioia della condivisione e di una vita. 


Perché chi non coltiva non può pretendere di raccogliere.


E’ come una finestra buia nel buio di una stanza abitata ma vuota.

E’ sufficiente una fotografia con otto volti sorridenti a donare vita ad una casa del terrore?
E che sorrisi sono? Sinceri, disonesti? Di interesse, tirati dalla paura?

They claim they know me,
they pretend they know,
but they don’t

Questo il sapore delle lacrime di rabbia? Versate in nome di cosa, per colpa di chi?
Che cosa significa?

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Is that how love looks like?

Happy b-day my sweetheart, for all the things I should have tell you, for all the things left unsaid, for all the feelings never shown.
A pledge to your beauty, to your smile and voice.
Once I'll be far away, I'll keep on remember how you called me "mylove" and everything will be alright.
Even sadness and regrets.

Because yes, I'll do have.

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-23

E' iniziato agosto, il mese delle vacanze, il mese del "stacco la spina perchè poi a settembre si ricomincia".
Ecco, io ad agosto, stacco e ricomincio.
Lista valigie in preparazione.
Lista pacchi da spedire anche.
Biglietto preso.
Casa trovata.
Cosa manca?

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Sentieri nascosti

E' questa la grandezza del blog: la sua non-immediatezza.
Ormai, con Facebook, entri nella homepage e ti trovi bombardato di aggiornamenti, foto, video e link.
Anche non volendo, tutto e sotto gli occhi.
Il blog ha la sua magia: chi è verament einteressato deve arrivarci.
Qualcuno mi renderà feclie dicendo che il mio indirizzo (fra un mesetto cambierà il titiolo dellamia pagina, ho deciso di dare una nuova vita al mio diario) è tra i bookmark del proprio browser, altri ancora si imbattono in questa mia spiaggia e ci rimangono, per le vacanze, tornano qualche volta e -in casi rari- si stabilizzano sulle mie rive, condiviendo e commentando.
Ho anche pensaot di chiudere (come era successo con lo Space di MSN, ma per altri motivi) perchè accecato dalla necessità di comunicazione.

[Velocemente ricordi svaniscono e velocemente nuove parole da custodire]

Grazie, a chi è rimasto e grazie a chi passerà ancora da qui.

Siete la mia linfa, la mia ispirazione.
Sempre più questo mio diario è la faccia più sincera con cui mi guardo allo specchio e con cui mi presento a voi, vicini o lontani che siate.

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...Addio Otella

A te, carissima Otella, che sei stata anche un poco la mia nonna. Ti voglio bene, ovunque sarai.

Va bene.

Oggi sono morto con te.
Oggi rinasco con te.
Voli alta, voli lontana,
Hai spezzato il filo che legava l'aquilone
E che lo teneva al sicuro da questo vento,
Che oggi soffia forte.
Per un attimo è sembrata la fine del mondo.
La tua polvere ha ricoperto tutto,
Ti sei fatta pesante,
Ti sei resa immanente,
Sei sparita come un lampo,
Ti sei spenta così, senza dare tempo al tempo.
E' stato come spingere un interruttore:
La vita dona,
La vita prende in prestito,
La vita pretende sempre qualcosa in cambio.
Non è bastata la sofferenza,
Non è bastata la lotta,
Non è bastata la lacrima che ha distrutto un sorriso,
Non è bastato l'urlo che ha offeso la parola.
Non si è mai pronti a dimenticare una faccia,
Si diventa forse bravi ad adattarsi alla nuova realtà,
Si cresce colmando qualche lacuna,
Che si riempie sempre con qualcosa che non sostituisce mai del tutto.
Perchè dire addio è qualcosa di cui non sono capace.

Sei morta ma non lo sei.
E allora, ti guardo, per l'ultima volta come se fosse la prima.
Ti abbraccio, ti saluto e ti sorrido.